mercoledì 14 novembre 2012

Progettare è più difficile che produrre? - Qualche proposta.(Parte II)


..perché la chiave inglese?
E' passato tanto tempo dal mio post precedente, diversi mesi, ci sono stati di mezzo periodi di lavoro (che di questi tempi ha la massima priorità), case ed elettrodomestici da sistemare, brevi viaggi, e vari altri impegni di altro genere, fortunatamente anche piacevoli. Mi sono reso conto per l'ennesima volta che saper fare tante cose è spesso un problema perché distrae e rende difficile portare avanti i progetti più articolati. Il successo è nella specializzazione, e io sono un generalista. Ma passato il tempo mi rendo conto che tutte le considerazioni precedenti (vedi l'articolo del 21 maggio) sono ancora più attuali. Addirittura il numero di Wired di novembre è dedicato alla "nuova rivoluzione artigiana", il fenomeno dei "makers". Beh un po' in ritardo, forse dovevo fare il giornalista invece che il tiralinee, heh...

Ma torniamo al dunque.
I ragionamenti fatti precedentemente sono quel che mi ha spinto a domandarmi: se il guadagno nella produzione, in molti settori, non c'è (non ci sarà) più, cosa rimane?

Io credo che un tipo di guadagno resterà sempre disponibile, ed è quello insito nell'invenzione e nella progettazione.
La rinascita di Apple ne è stata una dimostrazione esemplare e nota a tutti, anche se non certo l'unica.
Certo, possiamo immaginare che la lotta di aziende non abbastanza all'avanguardia per mantenere il loro controllo sul "mondo delle cose" si inasprirà, sicuramente qualcuno cercherà di applicare il copyright anche alle "forme materiali", così come le case discografiche da anni ormai combattono la guerra di retroguardia contro la copia digitale della musica, ma considero improbabile che questi tentativi possano arginare un cambiamento tecnologico globale.

Un altro aspetto è che, nonostante quanto detto sopra, alcune abilità della "produzione" hanno ancora un valore.
Esistono (e vanno individuati e analizzati) alcuni settori industriali e manifatturieri dove un inseme socio-territoriale ha ancora un margine di vantaggio, sia dovuto alle tecniche avanzate, ai materiali specifici, ad esperienza, velocità o flessibilità. Questi ambiti vanno sostenuti e sviluppati, eventualmente attraverso interventi di collegamento fra loro di aziende tramite distreti industriali, o attraverso politiche di defiscalizzazione parziale o totale dei reinvestimenti (vincolati al mantenimento delle attività locali)
Ed esiste anche (ancora) l'arte, in quanto espressione tangibile di una sensibilità unica, e l'artigianato, la concrezione in prodotti unici (per quanto formalizzati e simili fra loro) di un sapere secolare o millenario.


Ma cosa implica questo cambiamento? Che bisogna anche ripensare a cosa ha un valore "intrinseco" che non si può "progettare, "produrre" o "replicare".
La storia, la cultura, il cibo, il paesaggio.
Le ricchezze "hardwired" nel territorio, custodite da una popolazione, diventano per contrasto sempre più importanti, e vanno difese e sviluppate meglio, devono diventare un volano di reddito per quei gruppi che le hanno (e le sanno conservare).
E in parallelo, si può anche lavorare per "creare" nuovi motori in questo senso.
Qualcuno ha trasformato un muro
in un'attrazione turistica di successo...
Mi ha colpito la storia di un mio "amico di internet" che per lavoro fa l'antico romano... nel Galles!
Non si parla dei centurioni che posano davanti al Colosseo, ma di un professore di Storia che ha pensato a come rendere più interessante le rovine scarne e relativamente banali di una fortificazione romana presenti nel suo piccolo paese.
Partendo con poco, un costume da soldato romano, il supporto della "pro loco" del posto, le sue competenze culturali e molto impegno, ha trasformato un pezzo di terreno con qualche vecchio muro in un'attrazione turistica per scuole e viaggi organizzati. Ora con una parte dei proventi accantonati stanno progettando di creare la ricostruzione del forte romano a poca distanza, non solo per ampliare l'offerta turistica "culturale" ma anche per organizzare eventi, gruppi di motivazione aziendali, festival...


Se vogliamo che ci sia un nuovo sviluppo della nostra economia, è secondo me ridicolo continuare a ragionare in termini di quanto possiamo rendere più economico il costo del lavoro (che se veramente il costo del lavoro fosse poi fondamentale, allora la schiavitù non sarebbe mai stata abolita) o di quanto possiamo aiutare questa o quella singola azienda o quella categoria con soldi dello stato, visto che oggi prendono i finanziamenti e domani spostano tutto in Nuova Guinea. E lasciamo stare gli aiuti alle banche, che poi a cosa servano delle banche che i soldi li prendono solo e non li prestano non si riesce a capire...
Ancora più ridicolo è mantenere settori intoccabili, albi e ordini professionali, esercizi con orari e regole medioevali, burocrazie ridondanti e sovrapposte... ma questo è un altro (lungo) discorso.
Speriamo che questa situazione faccia emergere un nuovo ceto politico che in questo senso si ponga il problema, sarebbe già qualcosa. Fin'ora non ci hanno nemmeno provato. Neppure i movimenti di maggior successo hanno mai fatto un discorso approfondito in questo senso perdendosi invece in rivendicazioni populiste sul tutto e niente.
Sono pochi i politici nuovi che sfiorano la complessità del discorso, ma forse proprio per questo non riescono a smuovere ancora masse sufficienti di voti.

Ma cosa posso fare io, voi, noi normali cittadini?
Certo non possiamo stare ad aspettare che la politica cambi da un giorno all'altro, non lo farà, visto come funziona il sistema politico italiano se cambierà qualcosa sarà come conseguenza dei cambiamenti nella società, e non viceversa
Però sicuramente noi possiamo pensare a cosa sappiamo progettare, prevedere, programmare, e pensare se può essere utile a qualcuno.
A cosa sappiamo fare, migliorare, raffinare, o produrre, e raggrupparci con chi può aiutarci a trasformarlo in un lavoro.
A cosa conosciamo e amiamo, della nostra terra e della nostra cultura che potrebbe essere valorizzato e fatto conoscere e godere a più persone.
Sicuramente qualcosa c'è, troviamolo e portiamolo avanti per costruire ancora il futuro. Anche perché il modello economico della "crescita volumetrica" si è dimostrato sbagliato e sicuramente non compatibile con l'evidente limite delle risorse a disposizione, è ora di pensare a come costruire una "crescita qualitativa".

Mi sembra che questa vignetta renda bene l'idea della
ricettività del nostro sistema paese verso le nuove idee... 
Non è un discorso facile vista l'impermeabilità al cambiamento delle istituzioni italiane, e alla ostinata aggressività dei ridondanti strati burocratici verso chiunque provi a fare qualcosa in qualsiasi campo, ma va affrontato.
Credo che solo attraverso un ragionamento "a più teste" si potrà sviluppare veramente un'economia nuova che sappia rinnovarsi attivamente, e che contemporanemente si dovranno dedicare tutte le energie possibili alla creazione delle condizioni in cui le idee invece di rimbalzare sulla roccia possano trovare terreno fertile e germogliare.
Per tanti motivi il "brainstorming" è un metodo poco usato in Italia, ma questo deve cambiare.

Sarebbe bello usare strumenti come questo blog per discuterne, o anche solo per far partire qualche seme di ragionamento che possa andare lontano, e io di certo spero che questo mio pensiero ad alta voce possa stimolarne altri.